Cina-Qatar-Catarro

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Edizione 01.12.2021 – Il parere dell'economista capo di Raiffeisen

Martin Neff – Economista capo di Raiffeisen
Martin Neff – Economista capo di Raiffeisen

Negli ultimi venticinque anni la Cina è stata apprezza in misura straordinaria dagli analisti finanziari. Chi prestava ascolto agli auguri oltremodo eloquenti del mio settore già nei primi anni '90 riusciva a malapena ad attendere la fine delle spiegazioni per timore di perdersi qualche occasione. Durante le pause alle innumerevoli manifestazioni sui mercati finanziari, a cui le svariate banche invitavano a partecipare e dove intervenivano gli euforici pro-Cina, molti organizzavano ordini di acquisto dei titoli cinesi, considerato che la story era più che manifestamente evidente.

La Cina era assolutamente un'attrazione magica, la stella nascente in rapida ascesa nel lontano Oriente che schiudeva opportunità di investimento per tutti e metteva a segno un risultato superlativo dopo l'altro. Chi non investiva in questo paese doveva sentirsi quasi sciocco a non sfruttare la ghiotta occasione. Con tassi di crescita dell'economia pari al 10 % o persino più elevati sembrava quasi impossibile poter fare qualcosa di sbagliato, bisognava semplicemente partecipare a tale miracolo economico. E molti investitori vi hanno effettivamente aderito, conseguendo perlopiù anche ottimi risultati. Ovviamente soprattutto i cosiddetti «first mover», ossia i primi ad aver puntato su questo paese. Poi però si è verificato un hype, che se valutato dal profilo dei fondamentali, poggiava su un terreno sempre più friabile, e alcuni investitori che si sono fatti prendere dall'avidità sono stati colti di sorpresa impreparati. Dapprima hanno infatti subito contraccolpi sulla scia della crisi finanziaria, la quale poteva ancora essere interpretata come un disastro a livello globale, ma successivamente è arrivata la doccia fredda – per non dire esplicitamente il crollo – nell'estate del 2015, che ha interessato in maniera circoscritta la Cina e che ha fatto in modo che alcuni non affatto trascurabili indici cinesi si dimezzassero quasi all'inizio del 2016. Di conseguenza, chi era entrato troppo tardi in questo mercato ha subito ingenti perdite. Oggi in Cina non è più così facile come in passato conseguire outperformance, come si suol dire in gergo finanziario.

Se si analizza ora la storia più recente, si constata che la Cina mostra sempre più il suo risvolto sgradevole, o l'altra faccia della medaglia. Oltre trenta anni dopo il «massacro» di piazza Tienanmen, la piazza della Pace Celeste, e la repressione della rivolta popolare, la Cina non ha praticamente compiuto alcun passo avanti in materia di diritti umani e libertà di espressione. Al contrario, basti pensare agli uiguri, una minoranza etnica totalmente oppressa che da anni chiede aiuto invano, e a Hong Kong, dove ogni possibile protesta immaginabile viene soffocata sul nascere. Ma anche alle deportazioni forzate di masse popolari che proseguono indisturbate con disinvoltura, a cui si aggiunge una dimostrazione di forza in ambito di politica estera, che è più che preoccupante. Per finire, l'ultimo capitolo provvisorio è costituito dalla scomparsa della star cinese del tennis Peng Shuai, ex campionessa del mondo di doppio femminile, che aveva accusato di abusi sessuali un alto membro del Comitato permanente del Politburo. Per quanto possa essere stata complessa la relazione tra i due, Peng Shuai ha sempre mantenuto invariata la sua accusa di stupro, anche se forse tra i due vi è stato pure del sesso consenziente. La leadership cinese ha cercato subito di nascondere sotto il tappeto questa accusa di violenza sessuale, ma nel frattempo il mondo intero si era ormai già lanciato alla ricerca di Peng Shuai. E questo per la prima volta in modo veramente approfondito, sebbene in Cina a cadenza pressoché quotidiana scompaiono persone che non sono (più) gradite al regime. Infatti, chissà se è effettivamente vero che Thomas Bach, il Presidente del Comitato olimpico ha discusso tramite video con la giovane donna due domeniche fa? La testimonianza del direttore della federazione sportiva internazionale dovrebbe in ogni caso far risuonare un campanello d'allarme e i tentativi dilettantisti del regime a Pechino di far sembrare che tutto vada per il meglio per l'asso del tennis cinese tramite selfie fake e presunte riprese in tempo reale puzzano alquanto e sollevano molti dubbi. Qui siamo di fronte a propaganda statale all'ennesima potenza, della cui credibilità soltanto Thomas Bach non dubita. Ma siamo sicuri di voler seguire i giochi olimpici in questo paese? Chi può sapere se il governo cinese non decida infine di tornare alla carica e invadere Taiwan per farlo tornare sotto il proprio controllo? Ma sì, certo, le olimpiadi avranno luogo e gli analisti seguiteranno a puntare tuttora sulla Cina. Gli animi sensibili non dovrebbero avventurarsi sul mercato finanziario, considerato che lì è il profitto a prevalere sulle riserve morali. 

In fin dei conti, il prossimo inverno anche il campionato mondiale di calcio si terrà nel Golfo Persico. Nel Qatar, l'emirato nel deserto che è diventato ricco senza alcun merito solo grazie al petrolio e che calpesta i diritti umani e con tutti i suoi soldi acquista club calcistici, alberghi di lusso e altri immobili, domina banche e «tiene buoni» gli influencer alla sua corte (in maniera meno cruda rispetto a Dubai) affinché questi possano tessere e diffondere le lodi di questo paese. Anche in Qatar le persone scompaiono nel nulla, solo che lì si tratta di manodopera da quattro soldi e non di vip, motivo per cui tutto ciò passa in sordina al di sotto dei radar. E guai a chi osa essere gay o lesbica, perché rischia di finire subito in prigione. Ciononostante anche in questo emirato sussistono interessanti opportunità di investimento, e per meglio dire: nessuno dice di no se gli sceicchi gli sbandierano i loro miliardi sotto il naso. Ciò che è giusto per l'FC Bayern Monaco o il Paris Saint Germain (PSG), il club calcistico campione di Francia, è ben lungi dall'essere necessariamente valido per il resto del mondo, nemmeno per gli stremati alberghi di lusso svizzeri. Poiché questa storia non ha alcuna morale, proprio come le grandi sviolinate sulla Cina. Qui conta unicamente il vile denaro e nient'altro. L'Occidente è diventato più comprabile che mai e pertanto è ancor più ricattabile che mai. Di conseguenza, non potremo mai esportare il bene più importante in assoluto che abbiamo, né in Cina o in Qatar, né tanto meno in Bielorussia o in Russia: ossia, nello specifico, i diritti umani. Al contrario, i soldi di questi paesi si infiltrano tra di noi e nei nostri valori, fino a quando il catarro diventerà cronico. Il catarro è già di per sé «viscido» abbastanza, anche se raramente si può trasformare in un'infiammazione acuta dell'appendice vermiforme... E sono sicuro che capite perfettamente che cosa intendo dire, a prescindere dalle opportunità, poiché il motto «chi paga i suonatori sceglie la musica» non va affatto bene.