Timori inflazionistici

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Edizione 19.05.2021 – Il parere dell'economista capo di Raiffeisen

Martin Neff – Economista capo di Raiffeisen
Martin Neff – Economista capo di Raiffeisen

Non voglio in alcun modo attivare le ghiandole lacrimali, ma l'occasione in un certo senso ben vi si presta. Quando i miei genitori rimasero vittime di un incidente, a me e alle mie sorelle on restò forzatamente altra scelta che occuparci delle pratiche di successione. E, come accade quando le emozioni la fanno da padrone, ognuno di noi eredi si è trovato a scartabellare in un mare di documenti. Già a quei tempi ero un uomo di numeri, e mi sono soffermato su un cosiddetto libretto contabile della famiglia.

Qui mio padre aveva documentato in modo meticoloso e con una precisione inimmaginabile per gli standard odierni ogni singola spesa effettuata. Ebbene, nella prima colonna c'era scritto, tra l'altro: scarpe per Martin, vestito per Irene, pantaloni per Brigitte, quaderno per Gertrud, eccetera eccetera. L'importo corrispondente a ogni voce di spesa era poi indicato nella colonna a fianco. I miei genitori erano per quanto possibile impegnati a ripartire il loro modesto reddito in modo equo tra noi figli. Il sabato andavamo (cioè: mio padre e il sottoscritto) in auto a comprare le bevande per la famiglia. E a fare benzina! La mia percezione di allora dei prezzi e della loro evoluzione era piuttosto limitata. Sapevo però esattamente (a 8-11 anni) quanto costava un litro di benzina. E capivo anche con quale accanimento il prezzo dei carburanti fosse oggetto di discussione nella nostra cerchia di parenti e conoscenti.

Per contro non avevo praticamente alcuna idea, o tutt'al più ne avevo una molto vaga, di quanto costasse un chilo di carne di maiale, per non parlare di manzo o vitello. Conoscevo soltanto il prezzo del latte, e anche quello soltanto perché ogni giorno dovevo andare a comprarlo e in una mano avevo l'apposito bricco, un'unità di grandezza inconfondibile, nell'altra l'importo esatto. A volte sentivo i miei genitori dire che questa o quella cosa era rincarata. Ma, per farla breve, posso dire che anche in periodi di inflazione elevata come quelli di allora, i prezzi dei beni di consumo non erano per me rilevanti. Anche quando ho iniziato a guadagnare da solo i miei soldi, c'era il famigerato adeguamento al rincaro. Si aveva per così dire il diritto per legge a un aumento salariale in misura pari all'inflazione annua, anche se questo meccanismo aveva innescato la cosiddetta spirale salari-prezzi. A metà degli anni '90, l'adeguamento al rincaro è stato finalmente abrogato e, sulla scia della globalizzazione e degli immensi progressi dal punto di vista della produttività, anche l'inflazione è scesa in modo costante, per scivolare infine per così dire nel dimenticatoio. E con l'inflazione si è eclissata anche la nostra sensibilità ai prezzi, in quanto l'avvento dei discounter e una concorrenza agguerrita nel commercio al dettaglio sono sfociati in una guerra senza quartiere sui prezzi, rendendo tutto ancora più conveniente. Dopo la crisi finanziaria incombevano addirittura timori deflazionistici.

Adesso però sembra che sia davvero tornata, l'inflazione. La scorsa settimana le quotazioni azionarie a Wall Street hanno subito uno scivolone dopo che il livello dei prezzi al consumo negli USA era risultato più elevato di quanto atteso dai mercati. Rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente i prezzi sono infatti aumentati di oltre il 4%. Se però si analizzano con maggiore granularità le origini di questo aumento, si individuano soltanto elementi sporadici: è corretto affermare che i prezzi crescono un po' tutti in maniera generalizzata, ma auto usate e viaggi incidono su tale aumento per ben due terzi. Del resto non c'è da meravigliarsi del fatto che negli USA, dove la mobilità è uno dei pilastri nazionali, i prezzi dei veicoli usati siano saliti vertiginosamente dopo che il governo ha distribuito a pioggia liquidità su tutto il paese. Inoltre, questo o quel nucleo familiare si sono concessi un'escursione nel weekend o una vacanza, rendendo possibile al settore dei viaggi pesantemente ammaccato di aumentare le tariffe per la prima volta da molto tempo. Anche in Europa tutti sono tornati a parlare di inflazione. Per il momento sono soprattutto i prezzi alla produzione a salire di nuovo, e resta da vedere se tali aumenti potranno essere trasferiti integralmente ai consumatori. Negli Stati Uniti i consumi sono senz'altro in una fase di boom, ma questo fenomeno è la conseguenza di un aumento della domanda stimolato artificialmente da incentivi fiscali e quindi destinato a rifluire nel proprio alveo. Del resto, soltanto quando si ha una situazione di piena occupazione e la congiuntura corre tanto da rischiare di finire fuori giri l'inflazione diventa un problema – se di problema si tratta. Ma prima di raggiungere questo punto, la strada da fare è ancora tanta. Inoltre, attualmente non vediamo alcun aumento dei prezzi su vasta scala. Al momento sugli scudi sono soprattutto legname, metalli e ovviamente prodotti petroliferi, e in questi ambiti si sono registrati in effetti aumenti poderosi. Il boom dell'edilizia in Cina e negli Stati Uniti genera oggi una domanda talmente sostenuta che i produttori non sono ancora in grado di farvi fronte, in quanto la maggior parte di essi non aveva previsto una ripresa tanto rapida della congiuntura e aveva quindi ridotto le proprie capacità produttive come reazione alla pandemia da coronavirus. Lo stesso vale anche per la componentistica informatica: riportare la produzione a pieno regime richiede tempo, e nel frattempo si verificheranno logicamente aumenti dei prezzi a seguito della scarsità dell'offerta sul versante delle forniture. Questo fenomeno dovrebbe essere di natura transitoria, protraendosi concretamente fino a quando la pandemia non sarà sconfitta a livello globale. Personalmente, l'aumento dei prezzi non mi innervosisce minimamente, a differenza della maggior parte degli operatori di borsa. Del resto essi non si preoccupano tanto per i prezzi stessi, quanto piuttosto per i tassi d'interesse, che in una situazione di ritrovata inflazione potrebbero addirittura tornare sopra la fatidica soglia dello 0%. È incredibile quanto la politica monetaria ci abbia ormai avvolti in una bambagia ovattata. Al minimo aumento dei prezzi rischiamo di perdere i sensi per lo sconvolgimento e i mercati finanziari tremano come foglie al vento. In realtà ciò che sta accadendo oggi è semplicemente normale, per quanto non sostenibile.