Potere di mercato anziché dominio del mercato

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Edizione 09.10.2019 – Il parere dell'economista capo di Raiffeisen

Martin Neff – Economista capo di Raiffeisen
Martin Neff – Economista capo di Raiffeisen

Alcuni forse si ricordano ancora del periodo d'oro degli Anni '80, in cui nei cantieri si conseguivano margini così elevati che al giorno d'oggi i costruttori possono soltanto sognarsi. In media erano infatti quattro volte superiori a quelli attuali. Era l'epoca dei grandi cartelli edilizi. Gli accordi sui prezzi erano all'ordine del giorno e non di rado già prima dell'assegnazione di un determinato lotto di costruzione era chiaro chi avrebbe ricevuto il supplemento per questa gara d'appalto. Il crollo immobiliare ha messo rapidamente la parola fine a queste pratiche sleali. Nell'edilizia commerciale ciò ha causato un doloroso riassetto strutturale inasprendo altresì la concorrenza. Oggi nei cantieri si guadagna meno, ma la produttività è considerevolmente aumentata. La legge di mercato ha prevalso rimettendo le cose al giusto posto, proprio come sostengono i libri di testo.

Ma estirpare completamente questi imbrogli dal nostro Paese non è un'ovvietà. Come si è infatti scoperto, nel periodo tra il 2004 e il 2010 dodici imprese attive nella costruzione delle strade hanno svolto riunioni a cadenza regolare per mettersi d'accordo sulle varie assegnazioni e sui vari calcoli di fatturazione. Lo scopo era quello di determinare già in via preliminare chi e a quale prezzo avrebbe ricevuto il supplemento, mettendo dunque in pratica lo stesso schema illegale di prima. Per questo motivo nel frattempo alle dodici imprese di costruzione sono state comminate multe per un ammontare complessivo pari a 11 milioni di franchi. Le indagini non sono tuttavia ancora concluse. Il ruolo del governo e dell'amministrazione nelle gare di appalto è tuttora oggetto di accertamenti. Lunedì scorso è stato reso noto che la Commissione parlamentare d'inchiesta (CPI), che si sta occupando del caso da oltre un anno, necessità di maggiori fondi per portare a termine il proprio lavoro. Dunque un riesame del passato, questo, piuttosto costoso.

 

Miti e verità

Quando ero giovane credevo che la Germania fosse il miglior fabbricante di automobili al mondo, dato che la concorrenza nel suo Paese è così grande. Ovviamente questo accadeva prima del dieselgate. Nel frattempo è ormai risaputo che il mito, che l'industria automobilistica tedesca ha perpetrato per tutti questi anni in maniera del tutto priva di modestia, è in realtà una sordida storiella. Si è infatti scoperto che, oltre alle manipolazioni di natura tecnica, tra i fabbricanti tedeschi vi sono state intese di ogni genere. Nel 2016 la Commissione Europea ha ingiunto pene pecuniarie contro il cosiddetto cartello dei camion per un ammontare di 2,9 miliardi di euro. Nel frattempo è in corso la terza azione legale di richiesta di risarcimento danni contro il cartello dei camion. Vi furono infatti accordi sui prezzi e altri sulla tecnica. Sia che si trattasse di autocarri o di autovetture, le gare d'appalto nel settore automobilistico servivano evidentemente allo scopo di mantenere contenuta la concorrenza. Lo stesso obiettivo è stato perseguito dai fabbricanti di ascensori e scale mobili. Poco più di un anno fa la Commissione Europea ha comminato una multa record contro cinque imprese internazionali del settore. D'altro canto non era la prima volta che si riscontravano violazioni in materia di diritto sui cartelli nel settore degli ascensori e delle scale mobili. Anche nel comparto bancario alla concorrenza viene assegnata in teoria grande rilevanza, anche se in realtà viene vissuta poco. La manipolazione dei tassi interbancari è stata soltanto la punta dell'iceberg. Sembra infatti che si siano verificati accordi anche nel commercio di divise e nella negoziazione di obbligazioni. A prescindere dal comparto, gas o vetri per autovetture, tubi catodici o elettronica di intrattenimento, sci o binari ferroviari, zucchero o vasche da bagno, pressoché ovunque sono già state scoperte intese illegali di ogni sorta tra i fabbricanti. Pertanto, la concorrenza è piuttosto l'eccezione anziché la regola, anche in un mondo globalizzato.

 

New economy, vecchia concorrenza?

In un'epoca in cui al «libero mercato» soffia in faccia un vento burrascoso dovuto alla guerra commerciale, si comincia ad avere la sensazione che presto il mercato verrà di nuovo fatto fuori. Va detto che il mercato non funziona mai nel modo in cui sostengono i libri di testo di economia insegnati presso le università. Se non passa neppure un giorno senza che venga a galla una qualsivoglia nuova intesa tra fabbricanti e commercianti, allora non si può più parlare di libera concorrenza. Concorrenza che non si cerca più di trovare, bensì si cerca soltanto di scongiurarla. Persino nel mercato più grande al mondo, ossia Internet, il mercato non funziona nel modo in cui vorrebbero i rispettivi protagonisti. La regolamentazione è dannosa per il grado di libertà della concorrenza e di conseguenza compromette la forza innovativa che viene generata dalla rete mondiale, questo è quanto sostenevano sin dagli albori nella Silicon Valley. Lo stesso ritenevano a suo tempo gli impresari costruttori, con i risvolti ormai ben noti a tutti noi. Se Google obbliga i fabbricanti di apparecchi android ad installare preliminarmente il proprio servizio di ricerca e browser web, allora anche qui non si può più parlare di concorrenza. In ogni caso la storia si anima parecchio... Meglio tardi che mai: il Ministero della Giustizia statunitense ha annunciato ormai da tempo una verifica in materia di diritto dei cartelli nei confronti delle piattaforme online leader di mercato. Si intende lucidare la questione se gli offerenti abbiano ostacolato la concorrenza e l'innovazione oppure danneggiato i consumatori in altro modo. La new economy continua proprio ciò che gli altri avevano finalmente abbandonato. E a tal proposito sfrutta altresì il suo potere di mercato. Niente di nuovo dunque, ma proprio per questo motivo molto più pericoloso, poiché più impercettibile e meno palese. Siamo fondamentalmente clienti dei giganti di Internet, anche se questi ultimi preferiscono definirci gentilmente utenti. Quanti più utenti ha un gruppo societario, tanto maggiore sarà il potere che potrà esercitare: è così che funziona. Inoltre, noi utenti siamo anche dei fornitori di materia prima per queste grandi imprese di Internet, considerato che mettiamo gratuitamente a loro disposizione i nostri dati. Non siamo noi ad utilizzare i motori di ricerca, i social media e le app, bensì sono loro ad usarci. Infatti si prendono i nostri dati, li registrano collegandoli tra di loro, li analizzano e poi li rivendono. Questa è una nuova forma del potere di mercato – e della concorrenza.