

Il valore locativo è migliore della sua fama
La tassazione del valore locativo è impopolare. Secondo Gerhard Schwarz, vi sono alcune ragioni che depongono a sfavore dell'abolizione.
Il nostro ospite, autore del contributo: Gerhard Schwarz
Questa tassazione è inoltre percepita come «artificiale» perché il suo oggetto non è un flusso di fondi, ossia ciò che normalmente si intende come reddito, bensì il fatto di abitare nella propria casa, nel proprio appartamento. Il che è comprensibile. Proviamo tuttavia a spiegare il senso di questo unicum svizzero, ovvero la tassazione del valore locativo. Dal punto di vista fiscale ed economico i pro sono maggiori dei contro. L'abolizione sarebbe certamente vantaggiosa per i proprietari di casa, ma sarebbe ingiusta nei confronti di coloro che hanno investito il loro denaro in altro modo; porterebbe alla richiesta di poter detrarre dalle tasse le spese per l'affitto e aumenterebbe la pressione per compensare in altro modo le perdite fiscali.
- Il reddito naturale è reale, non fittizio
- L'abolizione del valore locativo è fonte di ingiustizia
- Anche il risparmio azionario è soggetto a tassazione
- Maggiore propensione all'estero per la proprietà di abitazione
Il valore locativo non gode di ottima fama. Un atteggiamento giustificato?
Il reddito naturale è reale, non fittizio
L'argomentazione principale a favore di questa tassazione è che l'abitare nella propria casa rappresenta un reddito naturale. In linea di principio, in Svizzera la tassazione viene applicata in base all'efficienza economica: chi è più efficiente viene maggiormente tassato, in forma progressiva e sovraproporzionale. E un reddito naturale aumenta l'efficienza economica allo stesso modo di un reddito monetario; il reddito naturale, lungi dall'essere qualcosa di fittizio, è invero molto reale.
Tutto ciò è molto semplice da comprendere, ma difficile da far accettare. Chi, sulla base del proprio contratto di lavoro, riceve vitto e alloggio gratuiti, oppure può utilizzare l'auto aziendale per fini privati, è naturalmente tenuto a pagare le tasse su questi redditi naturali e non gli verrebbe mai in mente di affermare che si tratta di un reddito fittizio: sperimenta infatti in prima persona che la prestazione in natura aumenta la sua efficienza economica allo stesso modo di un salario più elevato, con il quale finanzierebbe l'affitto di un appartamento o le spese per il vitto o per la mobilità.
L'abolizione del valore locativo è fonte di ingiustizia
Queste considerazioni valgono anche per altri beni di lunga durata, di consumo o di investimento. Chi possiede un'auto, uno yacht o un cavallo da corsa, beneficia di un reddito naturale e da un punto di vista fiscale anche questi beni andrebbero quindi presi in considerazione. Per motivi pratici ci si concentra però sul reddito naturale che generalmente è significativo in riferimento al reddito complessivo e che, inoltre, è ampiamente diffuso. Morale della storia: il tentativo di ottenere una forma di giustizia tramite la politica fiscale finisce per creare nuove forme di ingiustizia e rende tutto più complicato. Alla fine si tratta di scegliere tra due cattive alternative e la tassazione del valore locativo risulta essere la meno peggio.
Naturalmente è solo il reddito netto ad aumentare l'efficienza economica, e non il reddito lordo. Dal momento che le aziende hanno la possibilità di detrarre le spese per il conseguimento del reddito, ad esempio gli interessi debitori di un credito bancario, la logica fiscale richiede che nel caso di un immobile ad uso proprio si possano detrarre gli interessi ipotecari e i costi di manutenzione. Ciò corrisponde alla detrazione delle spese professionali quando si tratta di determinare il reddito imponibile per un impiego.
Anche il risparmio azionario è soggetto a tassazione
Spesso si sostiene che un reddito ricevuto da un datore di lavoro sia ben diverso dal vantaggio fornito da un appartamento, per acquistare il quale si è faticosamente messo da parte del denaro anno dopo anno, prelevandolo da un reddito monetario di per sé già soggetto a tassazione. Se si applicasse questa logica, tuttavia, si dovrebbe eliminare anche la tassazione dei dividendi sulle azioni, il cui acquisto è stato finanziato tramite risparmi. In entrambi i casi la situazione del risparmiatore è migliore che se avesse deciso di dissipare il proprio reddito:
in un caso deve sostenere meno costi abitativi e può pertanto utilizzare una parte più consistente del suo salario o della sua rendita per finanziarie gli altri consumi; nell'altro caso può utilizzare i proventi conseguiti dai titoli per finanziarie il suo affitto, in modo da avere a disposizione più fondi per i consumi (viaggi, vestiti, cultura ecc.), oppure può utilizzare i proventi direttamente per i consumi. Se si assoggettassero a tassazioni solamente i proventi da titoli, ma non quelli dalla proprietà di abitazione a uso proprio, si privilegerebbe il risparmio fornito dall'acquisto di un'abitazione rispetto ai risparmi in titoli. E questa è una cosa che lo Stato non dovrebbe fare.
Invece di contestare il valore locativo ci si deve piuttosto domandare se lo Stato debba effettivamente tassare più volte lo stesso denaro: dapprima quando si consegue un reddito (imposta sul reddito), poi quando questo viene consumato o risparmiato (imposta sul valore aggiunto, imposta sulla sostanza) e poi magari nuovamente quando viene donato o ereditato (imposta di successione). Ma questo è un altro discorso. In ogni caso, il valore locativo non comporta alcuna tassazione multipla.
Maggiore propensione all'estero per la proprietà di abitazione
Esso non è altro che l'effettivo provento giornaliero derivante dall'investimento in un'abitazione primaria, e gli investimenti dai proventi sono normalmente tassati.
Il fatto che ciò non avvenga all'estero non dipende tanto da motivazioni logiche, quanto dalla maggiore propensione nei confronti dell'acquisto di una proprietà di abitazione e dall'opportunismo politico dovuto alla forte lobby dei proprietari di abitazioni.
Sull'autore
Gerhard Schwarz (68 anni) è pubblicista e fondatore della Progress Foundation. Dal 1981 al 2010 ha lavorato per la NZZ come corrispondente, responsabile della redazione economica e vice redattore capo. Dal 2010 al 2016 è stato direttore del laboratorio di riflessione Avenir Suisse.