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Il parere dell’economista capo di Raiffeisen

Edizione 02.10.2024

Fredy Hasenmaile

Fredy Hasenmaile

Economista capo di Raiffeisen

Good News

Nella nostra epoca seguire regolarmente le notizie internazionali sui media può essere davvero deprimente, specialmente in questi ultimi tempi. Il mondo per come lo conosciamo sembra andare in pezzi. Pertanto non stupisce affatto che i giovani in particolare consumino sempre meno media quotidiani. Anche perché nella maggior parte dei media predominano decisamente le notizie negative, dato che sono in grado di attirare maggiore attenzione da parte dell’opinione pubblica. È dimostrato che il cervello umano reagisce in maniera più intensa alle notizie negative o agli eventi negativi: si tratta di un fenomeno che in ambito scientifico viene denominato “distorsione della negatività”. In questo modo, però, viene messo inutilmente a dura prova lo stato d’animo generale di numerose persone, e ciò può avere un impatto anche sul loro comportamento di consumo e, in ultima analisi, sullo sviluppo economico. La psicologia svolge notoriamente un ruolo nell’andamento della congiuntura che non può essere sottovalutato.

Ma a fronte di questo contesto che cosa possiamo fare? Sicuramente, tutti noi dovremmo cercare di consumare e condividere meno notizie negative e di concentrarci di più nonché condividere notizie costruttive. Considerato che ci possono essere anche innumerevoli risvolti e sviluppi positivi. Ed è proprio sulle buone notizie che si concentra e dedica ad esempio l’app “Good News”. Questa applicazione gratuita raccoglie quotidianamente le notizie migliori del giorno e le distribuisce e diffonde su vari canali. Personalmente trovo davvero valida l’idea di segnalare e divulgare maggiormente le notizie positive e, pertanto, anche io vorrei attuare di quando in quando questo approccio nella mia rubrica, riportandovi delle buone notizie. Nell’edizione odierna vi parlerò ad esempio dell’imminente incremento del potere d’acquisto in Svizzera. Il potere d’acquisto viene determinato dall’evoluzione dei salari nominali dedotta l’inflazione. Alla fine di settembre quando la Banca nazionale svizzera (BNS) ha presentato le sue previsioni relative all’inflazione è stata una buona giornata. Nello specifico, la BNS ha abbassato le previsioni sull’inflazione sull’intero periodo di prognosi, in parte persino in misura considerevole. Per l’anno in corso la Banca nazionale svizzera prevede, infatti, un’inflazione media di appena l’1,2 percento, mentre per l’anno prossimo l’inflazione dovrebbe addirittura ridimensionarsi e scendere allo 0,6 percento, e rimanere nel 2026 a un livello basso pari allo 0,7 percento. A sostegno di tali previsioni, anche i nostri modelli interni giungono a risultati molto simili a quelli della BNS. A un dato livello di crescita dei salari corrisponde un aumento dei salari reali.

Secondo il sondaggio annuale sui salari condotto da UBS, le 389 aziende svizzere interpellate dalla banca prevedono per il 2024 di incrementare in media i loro salari nella misura dell’1,9 percento. Se di conseguenza le imprese dovessero attuare effettivamente i loro propositi, ciò si tradurrebbe alla luce delle nuove previsioni sull’inflazione in un rialzo dei salari reali pari allo 0,7 percento per l’anno in corso. Ciononostante, la perdita di potere d’acquisto registrata sia nel 2022 che nel 2023 sarebbe tuttora ben lungi dall’essere integralmente compensata, ma almeno si interromperebbe questa tendenza sfavorevole e indesiderata. Se comunque si tiene conto del massiccio aumento dei premi dell’assicurazione malattie già preannunciato per il 2024, che secondo le stime ridurrebbe i redditi in media dello 0,8 percento, non risulterebbe praticamente alcuna crescita dei salari reali malgrado il rincaro significativamente più basso. È tuttavia probabile che tale situazione cambi al più tardi l’anno prossimo. Stando al sondaggio salariale più recente condotto a cadenza trimestrale dal Centro di ricerche congiunturali del Politecnico federale di Zurigo (KOF), le aziende si attendono una crescita dei salari nominali dell’1,6 percento per il 2025. Di conseguenza, se analogamente alle aspettative l’inflazione continuerà a diminuire, l’anno prossimo l’incremento dei salari reali dovrebbe essere pari all’1,0 percento. In tal caso un guadagno in termini di potere d’acquisto seguiterebbe tuttora a sussistere anche deducendo il nuovo forte aumento dei premi dell’assicurazione della cassa malati.

Ma non è finita. Qui di seguito ho per voi un’altra buona notizia. Il divario salariale reale che si è aperto negli ultimi anni è inferiore a quello misurato ufficialmente. L’indice dei salari dell’Ufficio federale di statistica (UST), il quale viene solitamente utilizzato per calcolare l’andamento dei salari reali, presentava negli ultimi anni una tendenza innaturalmente bassa. Basti pensare che nel 2021 la massa salariale avrebbe persino accusato una contrazione. Un’evoluzione, questa, che gli esperti del mercato del lavoro considerano alquanto improbabile. Infatti, le statistiche alternative dell’UST in merito agli accordi salariali nei contratti collettivi di lavoro indicano una crescita dei salari notevolmente superiore. I dati sui salari per l’indice dei salari dell’UST sono tratte dalle notifiche di infortunio delle 22 compagnie assicurative svizzere contro gli infortuni. Durante la pandemia da coronavirus, la struttura degli infortuni è tuttavia cambiata in misura considerevole. Ad esempio il numero di infortuni legati agli sport di contatto come il calcio è calato fortemente. Pertanto, non è più possibile raffrontare i dati. E questo potrebbe essere il motivo alla base della valutazione troppo bassa della crescita dei salari segnalata. Se si utilizzano i sondaggi del KOF al posto dell’indice dei salari dell’UST, il divario salariale reale per il periodo dal 2021 al 2023 si riduce, passando da -3,1 percento a -0,6 percento.

A mio avviso, è molto probabile che la verità si trovi da qualche parte nel mezzo tra queste due stime. Tuttavia, occorre tenere presente che questi indici rilevano soltanto l’andamento dei salati all’interno dei singoli settori. Nelle statistiche ufficiali non viene riportato se una collaboratrice o un collaboratore cambia settore guadagnando in genere di più rispetto al precedente posto di lavoro. Di conseguenza, è alquanto probabile che il divario salariale reale fosse in realtà significativamente inferiore nella prassi. E ciò spiegherebbe anche il robusto comportamento dei consumatori negli ultimi anni, il quale sarebbe difficilmente conciliabile con una perdita dei salari reali pari ad oltre il 3 percento. Ma non è tutto: anche il paradosso secondo cui negli ultimi anni le imprese non avrebbero pagato salari più elevati in termini reali malgrado la carenza di manodopera specializzata qualificata potrebbe essere quantomeno sfatato in parte.

Detto ciò, con un maggior consumo di “buone notizie” le persone si sentono meno povere, meno depresse o meno stressate. E tra l’altro, “Good News” è anche il nome dell’azienda organizzatrice di concerti che è stata fondata ai tempi in cui ero giovane e che nel frattempo è diventata il leader del mercato svizzero. E per non farci mancare nulla: ecco un’altra ricetta per l’umore depresso: andate di nuovo a un concerto e cantate anche voi ad alta voce. Vedrete, vi tirerà su il morale e farà bene all’umore!

Fredy Hasenmaile

Fredy Hasenmaile

Economista capo di Raiffeisen

Fredy Hasenmaile è economista capo e responsabile dell'Economic Research di Raiffeisen Svizzera dal 2023. Insieme al suo team, Fredy Hasenmaile analizza gli sviluppi globali e nazionali dei mercati finanziari ed economici. Rientra nei suoi compiti quello di interpretare gli eventi in ambito economico e di formulare previsioni sui principali indici economici.