Piuttosto ricchi, ma anche un po’ poveri

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Edizione 10.05.2023 – Il parere dell'economista capo di Raiffeisen

Martin Neff – Economista capo di Raiffeisen
Martin Neff – Economista capo di Raiffeisen

Il prossimo fine settimana mi recherò a Dortmund per assistere dal vivo al classico derby calcistico della Bundesliga che contrappone il Borussia al Borussia allo stadio Westfalen, che oggi si chiama Signal Iduna Park. Quantomeno spero di riuscirci, considerato che viaggerò in treno.

Anche perché probabilmente la Deutsche Bahn (ossia le ferrovie tedesche) è la prova vivente della tanto decantata accuratezza tedesca. Una sola cosa è certa in questa trasferta nella regione della Ruhr: arriveremo a Basilea in perfetto orario. A meno che proprio il nostro treno non sia uno dei pochissimi treni svizzeri (pari al 3,7 percento) in leggero ritardo. Per dirla in altre parole: nel nostro paese il 96,7 percento dei treni è puntuale. A titolo di raffronto la Germania esibisce una quota di puntualità pari a un misero 63,6 percento, dato che un terzo dei treni è sempre in ritardo. Con una tale percentuale, la Germania si situa tra i fanalini di coda nel raffronto europeo. A questi risultati è giunto il portale online «Reisereporter» nel 2022, sulla base di valutazioni effettuate dal portale «zugfinder.net». La Deutsche Bahn stessa ha invece pubblicato risultati completamente diversi. Infatti, ha comunicato a «Statista», il portale numero uno della statistica di lingua tedesca che raccoglie dati da istituti di ricerca di mercato e sondaggi di opinione come pure dall’economia e dalle statistiche ufficiali mettendoli a disposizione del pubblico, un tasso di puntualità delle ferrovie tedesche pari a oltre il 90 percento. Ossia quasi altrettanto puntuale come i treni svizzeri. Ma allora perché si animano così tanto i tedeschi?

A tal proposito andiamo a dare uno sguardo alla home page della Deutsche Bahn (DB). Nel sito è indicato letteralmente: «I treni della DB Regio sono stati più puntuali in aprile rispetto ai mesi precedenti. Nello specifico, il 93,3 percento dei treni del traffico regionale ha raggiunto in perfetto orario la rispettiva destinazione nel mese di aprile (in marzo: il 92,6 percento).» Tuttavia, se si continua a leggere più in basso ci si imbatte nella seguente spiegazione: «Una fermata è considerata raggiunta puntualmente se l’orario di arrivo previsto del treno non è stato superato di oltre 6 o 16 minuti rispettivamente», ma guarda un po’: allora la puntualità è tutta una questione di definizione. Tuttavia, proseguendo si giunge alla seguente affermazione: «I treni ICE e IC hanno registrato in aprile una puntualità di circa due punti percentuali (il 70,3 percento) superiore a quella dei mesi precedenti.» Conclusione: per le tratte lunghe è dunque meglio prendere i treni regionali, anche se il viaggio dura di più e bisogna cambiare treno un numero assurdo di volte, ma perlomeno si arriva a destinazione puntualmente. Lunedì il 55,6 percento dei treni ICE (InterCity Express) era in ritardo, uno persino di ben 228 minuti. E per finire, come ciliegina sulla torta, nel fine settimana l’ICE per Berlino ha «sbagliato strada», dato che a Hildesheim ha svoltato in direzione di Magdeburgo invece che di Berlino, come ha confermato la Deutsche Bahn. Ora penserete che in Svizzera una cosa del genere non potrebbe mai accadere, e probabilmente avete proprio ragione. Pertanto, adesso cambiamo scenario e torniamo alla nostra Svizzera puntuale. L’isola del benessere.

Ma è proprio così oppure anche questo è soltanto un mito proprio come l’accuratezza tedesca? Devo riconoscere che la risposta è sicuramente più sì che no, ma come spesso accade nelle statistiche non solo bisogna leggerle attentamente e interpretarle in modo accurato e pulito, bensì si deve soprattutto essere consapevoli del fatto che ogni media statistica preclude la visuale sui valori ai margini. La Svizzera rientra notoriamente tra i paesi più benestanti al mondo. Alle nostre latitudini non ci si deve quasi preoccupare per il proprio tenore di vita. Come conferma anche l’Ufficio federale di statistica in un comunicato stampa diffuso lo scorso martedì 2 maggio. Nell’occhiello si legge espressamente: «Il tenore di vita generale in Svizzera continua a essere uno dei più elevati d’Europa». Questa affermazione è ovviamente corretta, ma non vale proprio per tutte le persone. Visto che anche il titolo di questo comunicato stampa è: «In Svizzera nel 2021 una persona su venti era in situazione di deprivazione materiale e sociale». Anche il tema dell’indagine non era il benessere, bensì la situazione economica e sociale della popolazione con il sottotitolo «Redditi, povertà e condizioni di vita». Secondo questa indagine in Svizzera nel 2021 pressoché 450'000 persone (pari al 5,2 percento della popolazione) sono state costrette a rinunciare a importanti beni, servizi e attività sociali per ragioni finanziarie. Il tasso di povertà si è collocato all’8,7 percento, il che significa che quasi 750'000 persone sono colpite da povertà reddituale oppure non conseguono alcun reddito da lavoro. Per quanto riguarda la popolazione che esercita un’attività lavorativa il tasso di povertà si è situato al 4,2 percento, si tratta dei cosiddetti «working poor» ossia i lavoratori con un reddito al di sotto della soglia di povertà. Con valori del genere è ovvio che nel raffronto internazionale relativo al tasso di povertà risultiamo in fondo alla classifica. All’estero, la situazione sembra peggiore quasi su tutta la linea. Ma questo non è affatto rassicurante, anche perché la tendenza nel nostro paese va nella direzione sbagliata. Nel 2014 il tasso di povertà si situava ancora al 6,7 percento e il 3,4 percento era considerato «working poor». Pertanto, dovremmo misurarci nel raffronto con i migliori e non confrontarci con paesi in cui gli addetti alla raccolta dei rifiuti sono in sciopero, o il manto stradale è disastroso, o ancora dove le ferrovie sono in ritardo o il servizio pubblico è ben lungi dal meritare questo nome. In ogni caso, tornare all’ordinaria amministrazione soltanto perché altrove la situazione è molto peggio è una strategia sbagliata, quanto meno in un paese così fiero del proprio benessere e per cui la coesione sociale è un valore fondamentale. In particolare in periodi di interventi sui mercati valutari, pacchetti fiscali e salvataggi bancari dovrebbe rimanere almeno un altro po’ di denaro da impiegare per eliminare la povertà residua e non «solo» per alleviarla. Sarebbe davvero bello se al prossimo rilevamento della situazione economica della popolazione svizzera si potesse leggere nei risultati: tutte le economie domestiche sono ora nella condizione di pagare nel giro di un mese spese impreviste per un ammontare di CHF 2'500.–. Finora, invece, il 18,9 percento non ne era in grado. Per finire, azzardo una conclusione filosofica: in un paese ricco non ci sono poveri.