Cambio di paradigma?

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Edizione 19.09.2019 – Il parere dell'economista capo di Raiffeisen

Martin Neff – Economista capo di Raiffeisen
Martin Neff – Economista capo di Raiffeisen

Quando leggerete queste righe, che ho scritto ieri, forse saprete già cosa avrà deciso oggi la BNS. La decisione odierna è in fondo solo l’epilogo di diverse settimane cariche di suspense. Vale la pena passarle di nuovo in rassegna perché la fantasia di alcuni operatori di mercato sembrava non conoscere limiti. A mia memoria, le decisioni delle autorità monetarie non sono mai state attese con tanto nervosismo. Un altro dato sempre più evidente è la crescente divergenza di opinioni sulla politica monetaria. Il futuro preannuncia tempi duri e la BNS non ne sarà risparmiata.

Gettiamo dunque uno sguardo indietro. Dopo l'annuncio verbale del presidente della BCE di voler abbassare di nuovo i tassi di interesse e lanciare un nuovo programma di acquisto titoli, i mercati finanziari hanno perso la testa. L'euro è crollato rispetto al dollaro e al franco svizzero e anche i tassi erano in caduta libera sotto la forza di gravità verbale di Draghi. Particolarmente pronunciato è stato il rally delle obbligazioni in CHF. I mercati applicavano una semplice formula: se la BCE indebolisce l'euro, probabilmente anche in misura massiccia, la BNS dovrà seguirla a ruota. Questi eventi sono stati scontati nei prezzi a una velocità supersonica. I rendimenti delle obbligazioni decennali della Confederazione sono scesi a meno un percento e il cambio euro/franco ha sfiorato un nuovo minimo annuale di 1.08. Dopo che Draghi giovedì scorso ha svelato i suoi piani e preannunciato molte mosse già previste, ma anche alcune sorprese, la controreazione dei mercati è stata massiccia. Il cambio CHF/EUR è risalito a 1.10 franchi e la moneta unica si è di nuovo rafforzata anche contro il dollaro USA superando quota 1.10. Ciò ha modificato rapidamente anche le basi decisionali della BNS. Un cambio dell'euro di 1.08 e rendimenti decisamente inferiori a meno un percento avevano creato una situazione molta scomoda per la Direzione generale della nostra banca centrale.  La configurazione prevalente ieri, cioè un corso di cambio di 1.10 e rendimenti negativi di «solo» mezzo punto percentuale hanno dato – almeno – una boccata di ossigeno ai responsabili della BNS. Ma cosa ci insegnano tutte queste turbolenze nell'arco di un solo mese?

 

Mutevoli come banderuole al vento

Un primo insegnamento: la politica monetaria continua a esercitare un potere indiscusso sui mercati finanziari. Ogni parola dei vertici di una banca centrale deve essere messa sul piatto della bilancia, un aggettivo in più o in meno in una dichiarazione ufficiale deve essere soppesato, affinché il mercato possa trovare un nuovo equilibrio attraverso un processo di trial-and-error. Interpretare le dichiarazioni delle autorità monetarie è sempre stato difficile, ma mai così estremo come nelle ultime quattro settimane, con il loro continuo susseguirsi di segni positivi e negativi. Le ultime settimane hanno inoltre dimostrato che i mercati negoziano le attese e non i fatti. Le attese, però, sono mutevoli come banderuole al vento. Fino alla fine della settimana scorsa sembrava ovvio che la BNS avrebbe abbassato i tassi al -1 %, ieri l'altro, il ribasso dei tassi era già completamente scontato nei prezzi, anche ieri, ma in minor misura. Poiché il cambio dell'euro si è mantenuto nel frattempo sopra a 1.10, il margine di manovra della BNS è sensibilmente aumentato.

 

Ci sarà la svolta?

Probabilmente neanche il signor Jordan sapeva ieri cosa avrebbe dichiarato oggi. Voleva senza dubbio aspettare fino all'ultimo minuto per lasciarsi aperte tutte le opzioni e reagire in funzione della configurazione di mercato prevalente. La decisione della BNS non sarà stata dettata solo dai mercati, ma anche dalle potenziali reazioni del pubblico e del mondo politico. I fautori di una replica incondizionata delle scelte operate dalla BCE stanno infatti diminuendo. Diventano sempre più numerosi invece gli operatori di mercato che palesano dubbi nei confronti dell'efficacia della politica dei tassi negativi e dei suoi effetti collaterali sempre più tangibili. Questa settimana potrebbe quindi portare un'ulteriore novità di rilievo: una relativizzazione della tesi del differenziale dei tassi finora difesa a spada tratta. Si tratterebbe effettivamente di una svolta nella politica monetaria, addirittura di un cambiamento di paradigma.