L'imbarazzo della scelta (elettora)

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Edizione 22.09.2021 – Il parere dell'economista capo di Raiffeisen

Martin Neff – Economista capo di Raiffeisen
Martin Neff – Economista capo di Raiffeisen

Domenica prossima le cittadine e i cittadini del nostro principale partner commerciale, la Germania, saranno chiamati alle urne per eleggere un nuovo governo. Dopo 16 anni «Mutti» (mamma), come Angela Merkel veniva chiamata con benevolenza ma talvolta anche in modo velatamente sprezzante, esce definitivamente dalla scena politica. Tra i capi di governo europei attualmente in carica, soltanto Alexander Lukashenko (presidente della Bielorussia), Vladimir Putin (presidente della Federazione Russa) e Recep Tayyip Erdogan (presidente della Turchia) possono vantare una longevità maggiore alla guida del proprio paese.

Per il nostro vicino settentrionale volge quindi al tramonto un'era da molti percepita come una vera e propria eternità. Nei mass media si sono già profuse doviziose elucubrazioni sul bilancio di Angela Merkel. Ritengo che passerà alla storia soprattutto come la cancelliera tedesca chiamata a fare fronte a numerose crisi. In tale novero rientrano segnatamente la crisi subprime, la crisi dell'euro, la crisi dei rifugiati e, da un certo punto di vista, la pandemia da Coronavirus. A ben vedere non si può certo dire che queste prove siano state brillantemente superate: nella maggior parte dei casi, Merkel ha adottato un atteggiamento ondivago troppo esitante e improntato a un'eccessiva prudenza – ma negli annali questo aspetto passerà probabilmente in sordina. Più che campionessa in gestione delle crisi, le conferirei quindi il titolo di campionessa in differimento delle crisi. Anche questo è un merito, ma molto più modesto. Sia come sia, la prossima settimana l'era Merkel apparterrà al passato.

E adesso che la Germania potrebbe inaugurare una nuova epoca, l'elettorato non si trova davanti all'imbarazzo della scelta, bensì piuttosto a una scelta imbarazzante. Nessuno dei tre candidati al ruolo di cancelliere risulta infatti convincente per un'ampia fascia di popolazione. Il nuovo cancelliere (o la nuova cancelliera) potrà raccogliere al massimo un quarto dei favori. Nella tornata elettorale per il Bundestag del 2017 Merkel aveva comunque ottenuto poco meno di un terzo dei voti, mentre nel 2014 era arrivata addirittura a quasi il 42 %. Mai prima d'ora si era percepita una tensione così alta prima di un'elezione federale in terra tedesca. E se i sondaggi attuali sono minimamente affidabili, la Germania eleggerà un Bundestag mai così frammentato nella storia del dopoguerra. All'orizzonte si profila dunque una rotta che in altri paesi europei è divenuta ormai da tempo una realtà diffusa. La Germania è stata infatti una delle ultime nazioni dell'Europa occidentale in cui, con l'ingresso dell'AfD (Alternative für Deutschland) nel Bundestag, un partito populista di destra è riuscito ad avere voce in capitolo a livello parlamentare. Entrambi i grandi partiti popolari CDU/CSU (Unione cristiano-democratica) e SPD (Partito socialdemocratico) hanno abdicato: a definire le leve del potere a Berlino non sono infatti più loro (da soli), bensì i partiti di medie dimensioni o addirittura i partiti minori. Tutto questo si traduce in un vero e proprio rompicapo sul fronte elettorale. Nessun partito sarà infatti in grado di governare da solo: né Olaf Scholz, né Armin Laschet, per non parlare di Annalena Baerbock. A prescindere dalla combinazione di colori sarà quindi necessaria una coalizione, ed è proprio qui che casca l'asino. Conosco fedeli elettori della FDP (Partito Liberale Democratico) che domenica prossima intendono dare per la prima volta il proprio voto alla CDU pur di evitare a ogni costo l'avvento (peraltro estremamente improbabile) di una coalizione rosso-verde-rossa (SPD, Verdi, Die Linke). Chi vota per la FDP non sceglierà comunque il futuro cancelliere, che infatti potrebbe chiamarsi anche Scholz (SPD) e non Laschet (CDU) se invece di una coalizione «Giamaica» (composta da CDU (nero), Verdi e FDP (giallo)) dovesse prendere vita una coalizione rosso-verde-rossa. Per Laschet la via per il cancellierato è una sola, ossia la coalizione Giamaica. Questo significa tuttavia che chi vota per i Verdi non vedrà mai Annalena Baerbock nel ruolo di cancelliera, bensì Laschet o appunto Scholz. Tutto si fa però ancora più complicato con un'eccezione e una mezza eccezione. Chi vota per l'AfD sceglie l'opposizione, mentre chi vota per il partito di sinistra Die Linke forse non sceglie necessariamente l'opposizione, se alla fine in qualche modo dovesse davvero prendere forma la coalizione rosso-verde-rossa – sempre che i Die Linke superino la soglia di sbarramento per entrare nel Bundestag (cosa che ad oggi appare ancora verosimile, visto che dai sondaggi sono accreditati del 6-8 % delle preferenze).

 

Dopo le elezioni arriva il prossimo rompicapo

Dopo le elezioni i giochi non saranno quindi fatti quasi per niente. L'unica certezza sarà che il partito di maggioranza relativa (con una certa probabilità la SPD) si metterà alla ricerca di partner disposti a dare vita a una coalizione e che nel Bundestag faranno il proprio ingresso parlamentari sia riconfermati che neoeletti. Poi però la situazione potrebbe diventare decisamente spinosa: quattro anni fa i colloqui esplorativi tra i partiti e le seguenti trattative per la creazione di una coalizione si sono protratti per quasi metà anno – per l'esattezza 172 giorni. Non vorrei dirlo troppo forte, ma probabilmente «Mutti» dovrà ancora rimanere al suo posto attuale più a lungo di quanto non vorrebbe. Perché fino a quando i partiti non si saranno accordati su una coalizione e sul nome di un cancelliere, sarà proprio lei a restare in carica. Un passaggio di consegne in tempi rapidi sarebbe invece essenziale per la Germania, in quanto Merkel ha già glissato su troppi aspetti che invece andrebbero affrontati con la massima urgenza. Ad esempio, nel campo della politica estera non ha portato avanti uno straccio di strategia orientata al lungo termine, né ha dotato il paese di infrastrutture decenti per la digitalizzazione. L'energia nucleare è uscita dalla porta e rientrata dalla finestra, la politica climatica non è comunque mai stata uno dei cavalli di battaglia della cancelliera, che troppo spesso si è lasciata ammaliare dalle sirene delle potenti lobby del settore energetico e di quello automobilistico. Anzi, soprattutto da quest'ultimo, che nonostante il dieselgate e altri pasticci si ammanta ancora dell'aura di industria chiave del paese. «Brioso» era un aggettivo che incarnava il concetto di superiorità dello spirito realizzativo tedesco, ma anche l'idea di velocità. Ormai però in Germania si va veloci soltanto in autostrada (quando non c'è coda). Sulle autostrade informatiche i dati vanno invece a rilento o, per usare un'espressione più consona, vanno a velocità moderata. Che frustrazione, non avere Internet a 250 km/h.